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L'Aereo da trasporto Savoia Marchetti SM.83 MM 458 I-ESTE di Rofrano

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Aereo: Aereo da trasporto Savoia Marchetti SM.83 MM 458 I-ESTE di Rofrano
Nazionalità: Italiana
Precipitato: 6 marzo 1944
Località: 77km sud-est Salerno
Osservazioni: Identificazione confermata
Il 6 marzo del 1944 il fronte di guerra era oramai lontano dal salernitano eppure in queste zone si continuava a morire per cause belliche. Quel giorno un velivolo della Regia Aeronautica Italiana con funzioni di collegamento fra le autorità militari dell’Italia Liberata cobelligerante con gli Alleati precipita nei pressi di Rofrano causando la morte dell’equipaggio e dei passeggeri a bordo.
 
La segnalazione di questo abbattimento è pervenuta all’associazione Salerno 1943 da Bruno, Gianni e Paolo Merella, tre fratelli appassionati di storia. Grazie alle meticolose ricerche da loro condotte nel corso degli anni è stato possibile ricostruire la vicenda nei minimi dettagli.
Il velivolo era un trimotore Savoia Marchetti SM.83 matricola 458 I-ESTE. Questo tipo di aereo era molto affidabile, avendo una notevole autonomia ed essendo in grado di raggiungere la quota di 4000 metri. Alcuni di essi, tra il 22 dicembre 1939 e il 9 giugno 1940, compirono 59 traversate atlantiche, a carattere essenzialmente postale, collegando l'Italia col Brasile e Argentina. L’I-ESTE, prima dello scoppio del conflitto, era in dotazione alla compagnia aerea italiana Ala Littoria e veniva utilizzato da alte personalità dello Stato per gli spostamenti. In varie occasioni trasportò il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, nei suoi viaggi di rappresentanza come Ministro degli Esteri.
 
Il 16 marzo 1939 con comandante Gori e Castellani, Bruno Mussolini, Aldo Moggi, motorista
Trezzini, radio telegrafista Boveri, il dott. Giorgi, il capo tecnico Palanca arriva a Castel Benito,dove i componenti l'equipaggio fanno visita al Vicerè Balbo. Con l’inizio delle ostilità venne militarizzato ma continuò ad essere adibito al trasporto di importanti personalità. Alcune fonti riferiscono che questo velivolo venne utilizzato per trasportare gli emissari di Vittorio Emanuele III° incaricati di concordare le clausole dell’Armistizio con Eisenhower. All’indomani dell’8 settembre l’aereo si ritrova in un aeroporto italiano non controllato dai tedeschi e viene preso in carico dall’aviazione del ‘Regno del Sud’.
Al comando vi era quel giorno il tenente Vezio Terzi di Aulla. Si era distinto durante il conflitto operando a lungo con reparti di aerosiluranti e ricevendo 2 medaglie d’argento e 1 di bronzo al Valor Militare. Gli altri membri dell’equipaggio del 102° squadrone trasporti erano: maresciallo di 1^ classe Ugo Carabelli di Milano. Marescialli di 3^ classe Nicola Cavacece di Piedimonte S. Germano e Giovanni Capria di Palmi. Sergente maggiore Giovanni Bellena di San Vendemiano.
L’aviere Scelto Antonio Fontana di Tavernole sul Mella. I passeggeri erano il capitano di fanteria Menotti Mario Lo Pane di Trani e il maggiore d’artiglieria Omero Badiali di Jesi.
Quella mattina il SM.83 era decollato per servizi aeropostali dall’aeroporto di Lecce ed era atterrato in quello di Gaudo. Si trattava di un aeroporto provvisorio realizzato dagli Alleati nei pressi di Paestum durante l’operazione Avalanche. Nel primo pomeriggio, alle 15,00, l’aereo riprese la rotta di ritorno. Su quel volo prese posto il capitano Lo Pane. Egli, in qualità di procuratore del Re presso il Tribunale Militare di Guerra del VII corpo d’Armata portava con sè con i documenti del processo a carico dell’ex console della MVSN Giovanni Martini e altre persone implicate ell’organizzazione di un comitato d’azione del partito repubblicano fascista in Sardegna. Il processo di primo grado si stava tenendo presso il Tribunale Militare Territoriale di Guerra della Sardegna, a Oristano. Con la documentazione processuale Lo Pane era di passaggio a Salerno per sottoporla a Lecce all’esame da parte della Commissione Alleata di Controllo e al Ministero della Guerra.
 
Come riferiscono testimoni dell’epoca quando l’aereo sorvolò Rofrano vennero uditi dei rumori assordanti come se il velivolo volasse con difficoltà e poi un sibilo. Gli abitanti del posto temettero il peggio ma non poterono fare nulla in quanto era in corso una tempesta di neve. Il sindaco Felice Lo Guercio interessò alcuni volontari per esplorare il territorio e il giorno successivo due giovani, Raffaele e Giovanni Grosso, ritrovarono l’aereo sul monte Centaurino in località Piano del Pazzo, a circa 800 metri di quota. Essi non si avvicinarono temendo che all’interno vi fossero bombe inesplose. L’indomani una squadra coordinata dal sindaco e dal vicebrigadiere dei Carabinieri Reali Clemente Allodi, facendosi strada fra la neve, si recò sul luogo del disastro constatando che non vi erano sopravvissuti.
 
Come si evince dalle lettere del Ministero della Guerra e dei Carabinieri messe a disposizione dai fratelli Merella, nei giorni successivi al disastro diversi militari si recarono sul posto recuperando le salme dei caduti e i loro effetti personali. Evidentemente l’aereo, nonostante fosse composto per la maggior parte di legno e tela, non aveva preso fuoco nell’impatto, anzi è lecito supporre che il pilota avesse tentato di ridurre i danni dello schianto contro la montagna cercando di far cadere l’apparecchio parallelamente al suolo. Dai rapporti infatti risulta che Terzi, benché deceduto, era ancora visibile dall’esterno al suo posto di guida, circostanza questa impossibile se l’aereo fosse caduto perpendicolarmente al versante roccioso. Inoltre, le relazioni redatte dalle autorità locali riferiscono che alcuni corpi delle vittime furono ritrovati a centinaia di metri dal velivolo come se qualcuno fosse sopravvissuto all’impatto e avesse cercato soccorso prima di morire assiderato o per le ferite riportate. Esse elencano con dovizia di particolari gli oggetti, i documenti e il denaro ritrovati. Nessuna notizia invece sui documenti del procuratore Lo Pane.
La scomparsa di tali importanti incartamenti venne ritenuta sospetta dal ministro della Guerra Taddeo Orlando che in una missiva del 19 maggio indirizzata al comando dei Carabinieri Reali crisse: “Nella presunzione che il Capitano Lopane (sic), prima della partenza dalla Sardegna, urante il viaggio od anche durante la permanenza a Salerno abbia potuto lasciarsi sfuggire qualche confidenza in merito agli importanti documenti che recava, questo ministero non esclude che il carico postale ed i bagagli personali abbiano potuto essere ricercati e sottratti da persona interessata al processo o, comunque, incaricata di fare sparire i documenti di cui trattasi”.
 
A tal proposito una missiva del Gruppo di Salerno della Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Napoli datata 9 giugno 1944 getta delle ombre sulla vicenda. Riportando la testimonianza di un contadino, la lettera riferisce che un ufficiale di amministrazione incaricato del recupero degli effetti personali delle vittime notò un plico chiuso e sigillato diretto al comando inglese di Lecce ed una borsa di pelle marrone contenente documenti vari. Alcuni di tali documenti esaminati dal suddetto tenente furono lacerati perché ritenuti non importanti. Il Ministero continuò ad interessare della cosa i Carabinieri chiedendo di sentire l’ufficiale in questione e di cercare la documentazione presso le abitazioni di quanti accorsero sul posto senza ottenere però alcun risultato.
 
Si chiede Gianni Merella: “Chi poteva avere interesse a far sparire questi documenti? Come mai un esperto aviatore come il tenente Terzi precipitò contro il fianco di una piccola montagna dopo appena mezz’ora dal decollo? Sarà dipeso dalle avverse condizioni meteo? E come mai l’aereo, che avrebbe dovuto avere i serbatoi pieni di benzina, non prese fuoco?” Si possono fare solo congetture. Da allora il disastro aereo di Rofrano e i suoi morti sono caduti nel dimenticatoio. Quando l’associazione Salerno 1943 è stata interessata della cosa sì è subito messa in moto per ritrovare il punto d’impatto. Tramite Riccardo D’Arco è stato contattato Carlo Palumbo, un barbiere in pensione di Rofrano, naturalista ed esperto conoscitore della storia e dei luoghi del suo paese.
Egli ricorda molto bene la vicenda dell’aereo in quanto da bambino gli era stata raccontata dal padre che fu uno degli uomini accorsi sul posto. Il presidente di Salerno 1943, Luigi Fortunato, riferisce:
“Abbiamo organizzato un’escursione con Gerardo Capuano e Matteo Pierro. Grazie alla sicura guida di Carlo non è stato difficile ritrovare il crash-site. Dell’aereo non vi è traccia in quanto dopo che la Regia Aeronautica ritenne che non era recuperabile esso è stato fatto a pezzi e venduto come rottame. Le tracce presenti nel terreno ci hanno però confermato di aver individuato il punto esatto. Infatti una piccola leva ritrovata in loco, presumibilmente appartenente al pannello dei comandi, reca chiaramente inciso il nome ‘Savoia Marchetti’. Speriamo che la nostra ricerca possa contribuire a tenere vivo il ricordo di questa tragedia e delle sue vittime”.
 
 
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Galeazzo Ciano in partenza sul SM83 I-Este. Fonte Orizzonte Cielo.
 
 
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Alcuni SM83
 
 
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Il tenente Vezio Terzi. Archivio Merella.
 
 
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Il tenente Verzi decorato da Mussolini. Archivio Merella
 
 
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Il versante del monte Centaurino dove cadde l’aereo. Foto di Matteo Pierro.
 
 
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I ricercatori Gerardo Capuano, Carlo Palumbo e Luigi Fortunato. Foto di Matteo Pierro.
 
 
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Il frammento di leva con lo stemma della Savoia Marchetti. Foto di Matteo Pierro.
 
 
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Il Ministro della Guerra Taddeo Orlando (il primo a sinistra) durante la riunione del
Consiglio dei Ministri a Salerno il 26 aprile 1944. Archivio Nino Bassi.

Salerno 1943

Lo scopo di questo sito è quello di presentare le attività dell'Associazione Salerno 1943, un gruppo di volontari noti anche come Salerno Air Finders. L'Associazione si occupa di preservare la memoria degli aviatori che durante gli anni della seconda guerra mondiale precipitarono con i loro aerei in Campania e nelle regioni limitrofe rintracciando, identificando e ricostruendo la storia dei loro abbattimenti.

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